Newsletter della campagna Eutanasia Legale
RESOCONTO DELLA XIV RIUNIONE
SUL TESTAMENTO BIOLOGICO DELLA COMMISSIONE AFFARI SOCIALI ALLA CAMERA DEI DEPUTATI
di Matteo Mainardi
Quinta giornata di audizioni degli esperti in Commissione Affari Sociali. Il tema è ancora quello delle DAT ossia delle Direttive Anticipate di Trattamento. Nella seduta dell’11 aprile, dopo la Federazione degli ordini dei medici, è stata audita l’Associazione Luca Coscioni insieme all’associazione “A buon diritto” e “Liberi di decidere”.
Riportiamo a seguire la sintesi degli interventi della Federazione degli ordini dei medici e dei due esperti nominati dall’Associazione Luca Coscioni, fermo restando che, grazie a Radio Radicale, è possibile riascoltare tutti gli interventi integrali cliccando qui.
Maurizio Scassola, vicepresidente nazionale Ordine dei Medici: “I medici vengono coinvolti in questo tema non solo come professionisti, ma come persone. Ci si muove nel solco tra due autonomie non in contrasto: quella della persona e quella del medico. L’autonomia del medico non è quella di una casta, non vuol dire “faccio quello che mi pare”, è bensì un’assunzione costante di responsabilità della decisione presa. Se non sono d’accordo con ciò che mi si chiede, io medico devo delegare qualcun altro che possa rispettare i desideri del paziente. Me ne tiro dunque fuori trovando qualcun altro che continui ciò su cui non sono d’accordo. Il nostro codice di deontologia è un riferimento giuridico per il medico, non è uno strumento meramente disciplinare. Il cosiddetto testamento biologico è già presente in tantissimi Comuni. Una legge sul tema può essere un’opportunità di omogeneizzazione. Riteniamo utile il valore giuridico delle DAT successivamente a un’informazione medica.
Le DAT devono configurarsi come scelte libere da poter revocare o cambiare. Non devono poter contenere richieste eutanasiche. Le DAT vanno contestualizzate sotto il profilo professionale per verificare la sussistenza o meno delle valutazioni tecniche che le hanno supportate. Riteniamo doveroso arrivare a un diritto mite come auspicato dalla relatrice. Non possiamo ingessare il rapporto medico-persona. La relazione di cura va fondata sull’alleanza terapeutica nel rispetto del paziente. La nutrizione e idratazione sono trattamenti di esclusiva competenza medica e devono essere preceduti dal consenso informato. Il ruolo del medico non può essere meramente esecutivo. Il medico è anch’esso persona. Il fiduciario richiede una puntuale definizione del suo ruolo e il medico deve avere libertà di coscienza. Le politiche di cura nel fine vita in Italia hanno forti ritardi. Chiediamo al legislatore che venga istituito un registro testamenti biologici che abbia anche valore informativo. Il registro va inserito in un progetto di ascolto e aiuto sociale. Una provocazione: il consenso informato dovrebbe entrare nei LEA. Dobbiamo avere il coraggio di impegnarci nel raggiungimento di questo obiettivo. Come Federazione poniamo questioni, non diamo punti perentori”.
Marina Mengarelli, membro della Direzione dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica: “Siamo davanti a un fenomeno sociale in crescita, quello degli italiani che si auto organizzano creando registri locali delle direttive anticipate di trattamento. Questi coinvolgono al momento 12 milioni di italiani, il 20% della popolazione. Tra le ricerche empiriche di monitoraggio – dal 2007 al 2015 -, le opinioni favorevoli al testamento biologico vanno dal 65 al 70% della popolazione. Le scelte di fine vita riguardano le conseguenze dell’impatto sociale della scienza. Il fine vita è diventato un’arco di tempo che, con l’istituzionalizzazione della cura, ha trasferito il letto del malato dalla propria casa all’ospedale. Nel 2011 la CEDU, a margine di una sentenza sugli ovociti in Austria, ha chiesto ai legislatori norme leggere che devono essere poste continuamente a revisione. Questo a causa dei cambiamenti e della rapidità della scienza. C’è un principio di autodeterminazione crescente nel nostro Paese. L’autonomia dei cittadini è considerata come segnale del buon funzionamento delle democrazie. Lasciar esprimere le autonomie fa bene ai sistemi democratici. Un secondo indicatore è ricavabile dalle relazioni di cura. In questo momento noi siamo in una situazione di disagio di entrambe le parti coinvolte in questa relazione. L’alleanza medico paziente aveva senso nell’Ottocento, dove vigeva una medicina paternalistica. Oggi abbiamo bisogno di altro. L’autodeterminazione deve essere vestita dalle responsabilità e dalle conoscenze.